Premessa di una promessa.
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Post n. 1 – 21 giugno 2020
Nel lungo percorso di studio intorno alla musica non ho mai cessato di rimanere affascinata dal tema della creatività. Fin da bambina mi sono sempre chiesta per quale via i grandi musicisti avessero accesso alla loro ispirazione e da quale segreta fonte attingessero i contenuti e le tecniche che rendevano così belle e solide le loro opere.
Naturalmente già nell’adolescenza m’imbattei negli scritti psicoanalitici, primi tra tutti quelli di Freud, che tuttavia, già allora, non offrivano alla mia comprensione quel contributo autentico che andavo cercando. La visione freudiana mi apparve troppo pessimistica e più tardi fui confortata del suo inserimento in quella cultura che Paul Ricoeur chiamò “del sospetto” e che aveva, secondo lui, tre principali protagonisti: Freud, Marx e Nietzsche.
In buona sostanza la persona creativa era per Freud un nevrotico, che sublimava i propri impulsi attraverso l’esercizio di un linguaggio socialmente accettabile, al solo scopo di ricavarne piaceri altrimenti irraggiungibili; eventuali doti superiori alla media, imperscrutabili per lo studioso, l’avrebbero elevato di rango, offrendogli quel riconoscimento sociale, a lui negato in altri modi.
Questo punto di vista, lungi dal diminuire l’importanza di Freud e la validità di molti dei suoi assunti per gli sviluppi della cultura del Novecento, mi è sempre sembrato riduttivo.
Oggi abbiamo sotto gli occhi migliaia di studi sulla creatività; questo breve saggio ha il solo scopo di dire una parola secondo il mio personale punto di vista.
Aggiungo che la prospettiva adottata è il frutto di una continua ricerca e di una sintesi tutt’altro che compiuta, ma che a lungo e non senza sforzo si è misurata con questioni di psicologia analitica, di arte moderna, di spiritualità religiosa, di filosofia politica, che hanno costellato la cultura del secolo scorso e dunque gran parte della mia esperienza di vita.
Ritengo che senza la comprensione della cultura del Novecento, ogni tentativo di inquadrare il presente per agire nella direzione del bene comune risulti vano.
È indispensabile avere coscienza che sulle spalle delle donne e degli uomini del XXI secolo pesa l’eredità di cento anni di regressioni e progressi, meraviglie ed orrori, scoperte e invenzioni, produzioni letterarie ed artistiche, avvenimenti politi e sociali, errori, misfatti e pie illusioni.
Scrivo – per così dire “a puntate” – su questo blog, augurandomi di poter risultare utile a qualcuno, tentando al contempo di superare la consueta esitazione ad offrire al mondo i frutti dell’imperfezione…
Sigmund Freud (1856-1939)
“Anche l’artista è in germe un introverso, non molto distante dalla nevrosi. Egli è incalzato da fortissimi bisogni pulsionali, vorrebbe conquistare onore, potenza, ricchezza, gloria e l’amore delle donne; gli mancano però i mezzi per raggiungere queste soddisfazioni. Perciò, come un qualsiasi altro insoddisfatto, egli si distacca dalla realtà e trasferisce tutto il suo interesse, e anche la sua libido, sulle formazioni di desiderio della vita fantastica, dalle quali il cammino potrebbe condurre alla nevrosi […] Probabilmente la loro (degli artisti) costituzione possiede una forte capacità di sublimazione e una certa lassezza per quanto riguarda le rimozioni determinanti il conflitto […] Per coloro che non sono artisti la messe di piacere che possono ricavare dalle fonti della fantasia è molto limitata. L’inesorabilità delle loro rimozioni li costringe ad accontentarsi di quei magri sogni a occhi aperti che riescono a diventare coscienti. Il vero artista ha di più a sua disposizione […] Possiede inoltre il misterioso potere di modellare un certo materiale fino a renderlo la fedele immagine della sua rappresentazione fantastica, e poi sa congiungere a questa descrizione della sua fantasia inconscia un tal conseguimento di piacere che le rimozioni ne vengono, almeno temporaneamente, sopraffatte e abolite. Se è in grado di fare tutto ciò, egli ridà agli altri la possibilità di attingere conforto e sollievo dalle fonti di piacere divenute inaccessibili nel loro inconscio; si guadagna la loro riconoscenza e ammirazione, e raggiunge ora per mezzo della sua fantasia ciò che prima aveva raggiunto solo nella sua fantasia: onore, potenza e l’amore delle donne.”
Freud S. (1917), Introduzione alla psicoanalisi,
trad. it., Boringhieri, Torino, 1969 (339-340).
N.B.: in copertina libera rielaborazione del documento di pubblico dominio, visibile a questo link